Il primo ministro tunisino ha definito “terrorista” il gruppo salafita Ansar al-Sharia, responsabile degli scontri di ieri a Tunisi. “Ansar al-Sharia è un’organizzazione illegale che vuole sfidare l’autorità dello Stato”, ha detto Ali Larayedh alla televisione, a margine di un viaggio in Qatar.
Nelle proteste di domenica sono rimasti feriti quindici poliziotti, di cui tre in modo grave, altri tre manifestanti sono stati colpiti in modo blando, mentre uno è morto, riferiscono fonti del ministero dell’Interno. A Kairouan, invece, si parla di circa 70 arresti.
In seguito al divieto governativo di organizzare il proprio incontro annuale a Kairouan, Ansar al-Sharia ha invitato i suoi sostenitori a radunarsi a Ettadhamen City, la roccaforte salafita a 15 chilometri da Tunisi. Lì sono iniziati gli scontri con la polizia intorno alle dodici di domenica e sono proseguiti nella vicina Intilaka, dove centinaia di manifestanti armati di pietre, coltelli e bombe molotov hanno risposto al tentativo della polizia di disperderli con gas lacrimogeni. Nella serata di domenica si è verificato ancora qualche scontro, ma senza incidenti rilevanti.
Ennahda aveva vietato il congresso di Ansar al-Sharia ritenendolo una minaccia alla sicurezza nazionale, dopo che 16 poliziotti tunisini rimasero feriti nell’attacco di un gruppo qaidista al confine con l’Algeria a fine aprile. La posizione del governo nei confronti dei salafiti si è indurita dopo che il leader del gruppo estremista, Abu Iyadh, un veterano di al-Qaida in Afghanistan, aveva minacciato il governo con una “guerra” la settimana scorsa, accusandolo di condurre una politica anti-islamica. Viceversa, dalla società civile Ennahda è stato a lungo accusato di lassismo nei confronti dei “barbuti”, disapprovazione che ha toccato l’acme con l’uccisione a febbraio di Chokri Belaid.