Il piccolo Libano rivede gli incubi del passato, di quella guerra civile che distrusse e spaccò il Paese passando sul solco delle divisioni secolari segnate da religione ed etnia. Ma anche adesso, come negli anni Settanta, sono altri gli interessi in gioco. Il rischio è però che la rivalità tra Iran e Arabia Saudita, cartina di tornasole necessaria per leggere gli eventi degli ultimi anni nello scacchiere mediorientale, si trasformi in colpi di cannone.
I fatti attraverso cui leggere sono essenziali. C’è un primo ministro, Saad Hariri, che presenta le dimissioni denunciando interferenze dell’Iran e strapotere degli Hezbollah – alleati dell’Iran – ma lo fa dalla lontana Riad. C’è il capo di Stato libanese, Michel Aoun, che respinge le dimissioni chiedendo che Hariri venga a circostanziarle nel palazzo presidenziale. E ci sono Arabia Saudita e Kuwait che ordinano ai propri cittadini di lasciare il Libano per motivi di sicurezza.
A rincarare la dose di supposizione è una presa di posizione dell’esercito libanese che ipotizza che Hariri possa essere trattenuto in Arabia Saudita contro la sua volontà.
Intanto a sorpresa, il presidente francese Emmanuel Macron annuncia un viaggio a Riad. Qualcosa in Medio oriente si muove. Chiuso o quasi il capitolo Isis è l’ora della resa dei conti tra chi è rimasto in campo.